Da Strasburgo regole severe per la cybersorveglianza

I software rispondono a moltissime esigenze, tra cui quelle legate alla sicurezza informatica. E da oggi, assicurano da Strasburgo, ci saranno anche norme molto più rigide sull’esportazione dei programmi di “cybersorveglianza” in quei Paesi che hanno qualche problema a rispettare i diritti dell’uomo. Il Parlamento dell’Unione Europea ha infatti dato via libera a una regolamentazione molto più severa sui cosiddetti beni dual use utilizzati sia nel mondo civile che in quello della sicurezza pubblica. Si tratta di programmi che vengono spesso utilizzati per controllare personaggi scomodi come attivisti, giornalisti e anche antagonisti politici. Lo stesso sistema, insomma, con cui è stato spiato anche Giulio Regeni.

Cybersorveglianza, la riforma dei software

Si tratta, quindi, di una vera e propria riforma avanzata dall’Unione Europea per tutelare proprio casi come quelli del nostro Regeni. Soprattutto nei Paesi in cui c’è poco rispetto dei diritti umani, infatti, spesso i software vengono utilizzati non tanto per tutelare la sicurezza dei cittadini, quanto per spiare chi si considera scomodo rispetto al sistema. È come, insomma, se un’agenzia di sviluppo software a Roma come Area Software, sviluppasse un programma con cui spiare magari tutti i giornalisti italiani. Una riforma importante, quindi, che ora passerà al consiglio dell’Unione Europea e che consiste nell’introduzione di nuove norme per i broker e anche per quelle società che si occupano di esportare questi software. D’ora in poi, infatti, si dovrà informare specificamente il Paese sul tipo di prodotto esportato e notificare un eventuale abuso del software. Ma cosa è davvero considerato pericoloso? I programmi per le intercettazioni telefoniche, per hackerare i pc o le password o per l’identificazione degli utenti del web. Ovviamente la riforma introduce anche delle sanzioni per gli Stati che violano le nuove regole.

L’Europa e la cybersorveglianza

La posizione del Parlamento europeo arriva per fermare un business considerato inaccettabile di software per la sorveglianza su internet e per lo spionaggio utilizzati dalle dittature ancora esistenti. Un sistema economico che vale ben 80 miliardi di euro e che coinvolge direttamente anche l’Italia e alcune delle sue aziende. Nella lista nera delle case produttrici di cybersorveglianza, ben 18 sarebbero italiane e 4 in particolare producono software intrusivi. Pensiamo ad esempio all’azienda milanese chiamata Hacking Team, che nel 2015 venne attaccata da un hacker che diffuse moltissimi file riservati. L’azienda lavora con un software spia che sorveglia informazioni che navigano su smartphone e pc e che sempre nel 2015 aveva avuto il via libera per essere introdotto sul mercato di ben 46 Paesi in tutto il mondo, tra cui l’Egitto.

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